Masetti Marines
di Marco Ballestri
Un anno dopo i Rifle, nel 1968 il gruppo “Johnny e i Marines” adotta le chitarre Marines di Masetti. C’erano chitarra, basso 7 corde e chitarra 12 corde. Non era previsto il cavo, ma il collegamento all’amplificatore era garantito da un sistema di rice-tresmissione in FM: per l’epoca una cosa veramente avveniristica e tentata solo dall’americana Microfrets con la Voyager. Come se non bastasse, dalla punta delle Masetti era possibile sparare dei piccoli razzi.
Ecco un ricordo dei Marines e del loro leader Gianni Borelli tratto da “Un altro giorno è andato: Francesco Guccini si racconta a Massimo Cotto”
Mi piaceva anche scrivere per gli amici. Ricordo un brano dal titolo bislacco, Quei coraggiosi dalle carrozze senza i cavalli, che diedi a Johnny e i Marines, un complesso incredibile di Modena che suonava in divisa. O alamari alla Beatles di Sgt Peppers o in tuta mimetica. Avevano chitarre a forma di fucile. Non solo: d’estate, quando si esibivano all’aperto, lanciavano anche dei razzi in aria, tra il panico generale. Uno di loro, oggi sindacalista, aveva la chitarra hawaiana a guisa di mitragliatrice, con delle sparerie bestiali. La batteria aveva una grancassa che si apriva e da cui fuoriusciva un cannoncino che sparava, per fortuna a salve. Tra loro militava, è proprio il caso di usare questo verbo, anche il vecchio Marino, quello che suonava con me nei Gatti e prima ancora nei Marinos, che proprio da lui prendevano nome. Nella sua reincarnazione con Johnny e i Marines si faceva chiamare Marino il Becchino, perché a volte toglieva la divisa ed entrava in scena vestito di nero e cantando brani molto macabri. ll complesso era guidato da Gianni Borelli, un altro personaggio geniale che oggi, dopo esser stato fotografo, è tornato a fare chitarra-bar. Veniva da una famiglia di artisti dilettanti: il padre faceva l’equilibrista, una delle due sorelle, Ambra, cantava e andò anche a Sanremo. Al Festival, non in vacanza. Gianni aveva assorbito ogni influenza ed era, lui da solo, una specie di Otto e Barnelli: suonava chitarra, basso, piano, trombone a tiro. Aveva delle intuizioni, anche visive, davvero bestiali. Circolava ad esempio in quegli anni una parodia di un vecchio bolero latinoamericano dei ’40, che faceva così: “Quando mangi con me la pastasciutta mi dispiace perché la mangi tutta, ma il sottaceto è il gran segreto…”. Bene, lui si metteva in testa un gran cappello a cilindro con dentro un serbatoio pieno d’acqua. Quando cantava la parodia del vecchio bolero, si faceva portare in scena un piatto di vera pastasciutta che mangiava avidamente e nel mentre piangeva zampillando come una fontana, perché quel serbatoio era collegato attraverso alcuni tubicini a un enorme paio d’occhiali da cui scendevano le lacrime. Siccome fare i dischi aIl’epoca costava molto meno, la Emi, nella persona di Corrado Bacchelli, gli aveva fatto un contrattino per un paio di dischi. Quando Gianni mi chiese se potevo scrivergli una canzone, io pensai alle carrozze senza vapore e scrissi un testo sulla base di una musichetta che mi avevano fatto sentire. ll successo fu praticamente nullo.
Foto da AVANZI DI BALERA dal 1960 al 1975 in ordine AlfaBeat a cura di Massimo Masin
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