La Hollywood fu successo commerciale e i motivi furono diversi. Non si può certo dire che a Luigi Scarpini e a Franco Caldironi mancasse il senso dell’importanza delle public relation, degli affari, e non ultimo quello pratico ed estetico. Furono importantissime le sponsorizzazioni. Fra gli utilizzatori, oltre a tantissimi batteristi italiani, come Gil Cuppini, Gianni Belleno dei New Trolls, i batteristi di molti gruppi del progressive italiano, anche grossi nomi come John Marshall dei Soft Machine, ma soprattutto Max Roach. Si avete capito bene. Max Roach uno dei padri della batteria jazz. Max fu avvicinato a una fiera negli Stati Uniti da Caldironi e Scarpini, e iniziò la collaborazione decennale che portò il nome Hollywood in giro per il mondo. Fu creato il modello Max Roach, un set che usufruiva di una delle invenzioni della Hollywood : un carrello su cui era poggiata la cassa.
Da questo carrello, costituito da due tubi di acciaio paralleli fra di loro e in mezzo ai quali era alloggiata la cassa, partivano gli stand per il tom da 14 pollici, per il rullante, e per due piatti. I tubi avevano alle loro estremità delle ruote di gomma, ed ognuna di queste aveva al lato un sicura per bloccarne il movimento. In questo modo l’intero set poteva essere spostato contemporaneamente, a parte il charleston, che era l’unico pezzo libero. I tom partivano da un stand tradizionale montato al centro della cassa. Era un sistema adottato solo su alcuni modelli, dall’aria avveniristica, pratico nei grandi spazi (per esigenze tecniche le batterie potevano spostarsi sui palchi) e che garantiva una minima superficie d’ingombro (non c’erano praticamente stand che poggiavano a terra). Quasi il primo rack della storia della batteria (i primi infatti li ho visti sulle batterie Gretsch degli anni ‘30).
Ma le innovazioni non finiscono qui. La Hollywood costruisce il primo tom a pedale, prendendo spunto dai timpani sinfonici. Anche questo tom a terra, di cui era possibile cambiare intonazione proprio come un timpano d’orchestra, fu usato da Max Roach. Dal Modello Max Roach in poi, il reggirullante fu dotato di un snodo sferico di nylon, che permetteva di velocizzare le operazioni di regolazione, una chicca per quei tempi. Le teste delle viti per accordare avevano un forma esagonale, e sui modelli di seconda generazione, poggiavano sopra un nottolino che tirava il cerchio; quando si cambiava la pelle, non c’era bisogno di levare tutto il corpo della vite, perché rimaneva avvitato al blocchetto tendipelle grazie al vano destinato ad alloggiarlo che aveva inclinazione variabile. La Hollywood costruiva un modello destinato al trasporto, con il tom che potevano essere ospitato nel tom a terra, e questo in una cassa con tanto di maniglia per essere trasportata. La linea di meccaniche era semplice e funzionale ed era chiamata Oscar (secondo voi perché ?) e il pedale era una versione semplificata dello Speed King della Ludwig; era a cinghia e si chiamava Vitesse. Io ne ho uno, ed è un ottimo compromesso fra leggerezza e funzionalità. C’era anche un modello chiamato Tronic, e che aveva sulla cassa una piccola centralina per il controllo diretto dei suoni singoli pezzi della batteria ; premendo un bottone (uno di quelli che si sentiva clack !) si attivavano dei pickup che amplificavano i tamburi. Non so se c’era un bottone per ogni pezzo, e la possibilità di regolarne il volume.
Sul finire degli anni ‘60 le batterie Hollywood furono suonate da batteristi famosissimi come Billy Cobham , Jack De Johnette, Art Blakey grazie alle concessioni che la Meazzi faceva dei suoi strumenti nei concerti al Teatro Lirico di Milano.
La Meazzi produsse anche una Hollywood batteria in fiberglass trasparente . Poco dopo, a questa produzione fu destinato il nome Wooding. Nel frattempo, la Meazzi si era ingrandita, già da tempo veniva dedicato poca attenzione alle batterie, e il livello qualitativo dei set ne aveva risentito, motivo per cui Caldironi se ne andò lasciano il marchio nelle mani del suo socio. Da allora la Hollywood, perso il suo progettista, non è praticamente più esistita sul mercato, anche se il marchio ha continuato ad esistere, e infatti si era rifatta viva sul finire degli anni ‘80 con un modello economico.
La genialità di Caldironi continuò con l’Hipercussion nelle seconda metà degli anni ‘70. L’Hipercussion diventò erede della delle soluzioni meccaniche della Hollywood. Anche per queste batterie infatti, la cassa poggiava sul carrello. In questo caso però, il set era caratterizzato da altri due tubi fissati trasversalmente al di sopra della cassa, e da cui partivano supporti per tom, piatti e microfoni. Un rack che poggiava sulla cassa.
Fu anche introdotta, per la prima volta, la presenza di un secondo charleston fisso. L’ Hipercussion continuò a costruire il timpano con pedale (e max Roach continuò ad utilizzarne uno anche durante il suo rapporto con la Ludwig). Purtroppo una serie di scelte azzardate ed alcuni problemi sindacali portarono in poco tempo al fallimento della gestione Caldironi.
Nel 1981 la ditta Solan, guidata da Tino Soldi, subentrò a Caldironi nella proprietà della Hipercussion. Soldi introdusse nella costruzione dei suoi strumenti criteri di alto artigianato derivanti dalla liuteria cremonese, come la scelta accurata dei legni, il rispetto delle loro sonorità, un lunghissimo e costosissimo procedimento di verniciatura. In questo modo la produzione venne ridotta in maniera drastica da un punto di vista quantitativo, ma fu elevata da un punto di vista qualitativo.
Ecco la produzione degli anni ‘80. I modelli economici erano l’ Export e la Junior, costruiti in faggio o noce del tanganica (la seconda fabbricata con gli stessi legni della prima, ma disponibile in più pezzi e con carrello). La linea professionale era l’Elite, disponibile in set da cinque a sedici pezzi, con misure standard o power (le casse anche in misura turbo), montati su richiesta su crociera (così è chiamato il rack sulla cassa) e carrello, e i legni impiegati sono pregiatissimi. Per questi modelli, il ciclo costruttivo è particolarmente impegnativo (i legni sono lasciati stagionare per tre anni),e la qualità della materia (abete, frassino, mogano, quercia, ciliegio della Pennsylvania, olmo americano, paduk, acero), le lucidature effettuate esclusivamente tampone e senza l’uso di alcun colorante. L’Elite presentava anche dei modelli speciali La Brazil era composta di rullante, timpano, e, tutti poggiati sulla struttura in acciaio su cassa, un tom, due timbales di legno, tre octoban e bongos. La Traveller’s, era progettata in maniera tale che una volta smontata, tutti i pezzi potessero essere collocati nella cassa. C’era poi una linea superprofessionale Artist costruita su richiesta, in esemplari irripetibili, datati e numerati.
Una linea che godeva di una garanzia di dieci anni, i cui fusti erano costruiti con legno di un medesima porzione dello stesso albero. Tullio De Piscopo è stato un endorser della Hipercussion, infatti sul suo primo metodo di batteria appare con un set bianco con due casse e concert tom. La bella notizia è che la Hipercussion è oggi ancora attiva, quindi è molto probabile che alcuni dei modelli che vi ho brevemente descritto siano ancora in produzione. Qualche anno fa sono entrato nel vecchio negozio della Solan a Milano (oggi è in via Padova 12, tel 02 2610624), e ricordo la passione che Tino Soldi nutriva verso i suoi strumenti. Mi sono bastate due parole perché capisse il suono che cercavo da un rullante, infatti mi ha fatto subito provare un fantastico rullante in mogano. Inoltre la produzione è stata impreziosita strizzando l’occhio all’estetica; i set possono essere ordinati con meccaniche nere o dorate. Non c’è che dire la tradizione made in Italy è davvero in buone mani.
Luca Luciano